Quarantena

Riepilogando:

sto bene, tanto che posso passare una mattinata al banco sega per appezza’ la legna; non ho mai avuto un giardino tanto ordinato.

Per chi ha passione, comunico che l’amaryllis sta fiorendo, la melissa è diventata un albero, il ribes fruttifica come non mai, la menta è rigogliosa e chiede mojito a viva voce, le rose sbocciano, gli agrumi fioriscono e riempiono l’aria di profumo, le fragole invadono la Kamçatka con tre carrarmatini, la semina del glicine ha fruttato sette nuove piante, il lampone prospera, l’abete mi sbatte in faccia tutti i suoi nuovi getti.

PERÒ

sono obbligato a starmene in malattia, senza nemmeno la visita fiscale, perché a quanto pare ho un terribile morbo che potrei trasmettere agli altri, probabilmente spingendoli a commettere atti sconsiderati tipo tagliare la siepe o imbiancare.

Dev’essere davvero una terribile malattia. Scemo io che non me ne accorgo.

Ancora più scema la mi’ figliola, che senza neanche una dose di vaccino ha fatto due giorni di febbre (oioi, attenti: ben due), poi è guarita e s’è negativizzata prima di noi, sbeffeggiandoci.

Non posso nemmeno andare a comprare il pane (quindi me lo faccio da solo) o fare la spesa e par d’esse’ nel secondo dopoguerra. Il mi’ sòcero ci lascia ogni tanto una busta di roba all’uscio, bussa e urla “AIUTI UMANITARI!”.

Ma lo stato insiste: io sono *malato* e devo stare in malattia.

Poi venitemi a dire che c’è la recessione.

O che gli insegnanti non fanno un cazzo.

E il PIL, lo spread e tutte quell’altre cazzate.

Venite.

Vi faccio vede’ il pennato, vi faccio vede’.

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