La fine del digitale?

E’ morta.
Ormai è lampante. Pare che questo maledetto errore dell’obiettivo non dipenda minimamente da polvere o sporcizia negli ingranaggi, visto che l’ho smontata tutta e ho constatato che l’obiettivo scorre benissimo. Infatti riposizionandolo manualmente a fine corsa tutto sembra sistemato: la macchina si accende, vedo il display, i menu, posso zoomare allegramente avanti e indietro e impostare tutto quello che mi pare, peccato che non funzionino né il fuoco manuale nè l’autofocus. Poi, se la spengo, l’infarto: la lente si blocca dopo due millimetri di corsa, il display diventa nero, fa sei beep e dice che c’è un errore nell’obiettivo, consigliando di riavviare la macchina. Purtroppo se premo il pulsante di accensione fa sempre così, a meno di non reinserire un’altra volta l’obiettivo a mano. E comunque una macchina fotografica che non mette a fuoco non serve a un cazzo, diciamocelo. Non è che posso impostarla in modo che lavori sull’iperfocale…
Quindi la diagnosi è “morte elettronica”. Io ci speravo quasi che ci fosse della sabbia dentro, oppure una guida rotta. Con la 5700 riuscii perlomeno a pulirla e fare una riparazione alla meglio. Qui non c’è nulla da fare.
Ed è così che ti balena in testa la possibilità di abbandonare il digitale per sempre. Scatto con macchine degli anni cinquanta, sessanta e settanta e funzionano tutte perfettamente, anche quando cadono sull’asfalto da un metro e mezzo d’altezza. La resa è bellissima e il fascino non è nemmeno lontanamente equiparabile.
E’ un attimo di lucida follia.
Poi mi torna in mente che per le esigenze di tutti i giorni avere una macchina digtale per il lavoro, per i blog, per tutte quelle applicazioni pratiche in cui la pellicola sarebbe inutilmente dispendiosa e troppo lenta per essere efficace, si rivela abbastanza indispensabile.
Se fossi uno di quei patiti dello smartphone giuro che mi arrangerei con quello. Peccato che non ce l’abbia, io, uno smartphone; e che mi facciano cacare, peraltro. Come se non bastasse, uno smartphone costerebbe più della macchina fotografica (perlomeno di quella che ritengo decente comprare) quindi desolee, mes amis, niente da fare.
Ah, e ovviamente pare si sia bruciato anche l’alimentatore dello scanner. Spero, almeno, sia l’alimentatore; perché se è lo scanner a essere bruciato allora c’è una voce dall’alto che mi suggerisce – evidentemente – di smetterla con le foto.
Forse sarebbe un bene. Non so.
Mi viene quasi voglia di prendere una compattina di quelle da ottanta euro e mandare tutto affanculo. Chissà. Soldi non ce n’è e se lo scanner fosse davvero rotto allora quel poco preferirei investirlo su di lui.
In attesa che qualcuno esca sul mercato con una compatta digitale con display orientabile, ottica decentemente luminosa e pieni controlli manuali che non costi una fortuna.
Per ora, quindi, non se ne parla. Se ho bisogno di una digitale c’è sempre la micro 4/3 di Elena.
Il futuro resta ignoto.

Soddisfazioni – Satisfactions

Tsukiji-gyaru
Questa foto sta scalando i ranking di flickr da un paio di giorni.
Ora, la foto onestamente non è che sia bellissima ma il soggetto è davvero da perderci la testa.
A me fa piacere, chissà se farebbe piacere anche a lei 😉
Nessuno la conosce? Ehi, gente di Tokyo! Dico a voi!

This photograph is ranking up on flickr since two days ago.
Well, honestly the picture isn’t that much, but the subject is really breathtaking.
I’m happy ‘bout it, who knows if she’d be happy too 😉
None knows her? Hey, Tokyoites! I’m talking to you!

Tsukiji-gyaru

C’è chi va a Roppongi o Omotesando per cercare le ragazze in tiro, chi va a Shibuya per le cosplayer e i tipi eccentrici; c’è chi a Osaka gira per America Mura perché tutto sommato l’atmosfera hip hop lascia respirare un po’ di States anche in Giappone; c’è chi percorre incessantemente le strade di Gion a Kyoto nella speranza di vedere una geisha vera.
Io stavo solo girando per Tsukiji, la zona del mercato del pesce, e onestamente mi aspettavo un mucchio di foto di strada piene di vecchiette gobbe e bottegai vocianti.
Non lei.
Non lì.
Tsukiji-gyaru, la ragazza di Tsukiji. A volte la magia succede e basta.
Someone goes to Roppongi or Omotesando looking for stylish chicks, some other go to Shibuya because of cosplayer girls and freakish guys; someone walks along America Mura in Osaka ‘cause that hip hop atmosphere lets ya breathe a puff of States even in Japan; someone endlessly walks trough Gion streets in Kyoto hoping to see a real geisha.
I was just wandering in Tsukiji, the fish market area, and I honestly didn’t expect anything better than street shots full of hunched old ladies and shouting shopkeepers.
Not her.
Not there.
Tsukiji-gyaru, the girl from Tsukiji. Sometimes magic just happens.

Shot with my beloved Canon G11 at Tsukiji market, Tokyo.

Jet Lag

Sbattuto ancora su uno schifoso lurido regionale col riscaldamento rotto me ne torno verso sud – “southbound again” cantava Mark Knopfler nel ’79 – praticamente in un carro bestiame. Non che abbia avuto il tempo di prendere l’abitudine ai treni giapponesi ma il Nozomi Shinkansen ti resta impresso. Qui la gente sul treno è chiassosa, cosparge i sedili di briciole mentre sbraita attraverso il corridoio e punta le scarpe sul sedile di fronte. Ho bisogno di interfacce. Sul binario mi ero messo a salutare quelli sul treno per Milano, senza peraltro ottenere alcun segno di risposta se non da una ragazza coi capelli rosa che si è messa a sorridere. E’ un campionario quasi banale e non ho voglia di scattare alcuna foto.
E’ questo, sostanzialmente, il punto: non ho voglia di scattare foto. Questo mi lascia dubbioso, quantomeno. Non sarà mica la depressione post-nipponica? Onestamente la temevo. Tornare a questo stupido disordine, al milione di preoccupazioni, ai ritardi, i guasti, gli scioperi, i musi lunghi, la scortesia, l’arroganza e le supercazzole dello splendido di turno, è deprimente.
Viene voglia di ritagliarsi minuti di tranquillità, di farsi un tè e godersi un libro, scrivere, dedicarsi a qualche lavoretto manuale.
Fattibile.
Per un po’ temo che la street che pubblico qui sarà d’archivio.
Ne ho da buttare. Spero non vi dispiaccia.
Ho solo bisogno di stare un po’ tranquillo, smaltire il jet lag che ancora strascica e riposarmi un po’.
Questa foto di Kyoto in un’ordinaria sera di lunedi che a noi sembra Blade Runner e a loro, beh, un banale lunedi, è una delle tante. Troppe. Lavoro da smaltire, comunque sempre più piacevole delle pratiche edilizie.
E dei regionali di Trenitalia.
A presto.

Shot in Kyoto, Japan, with a Canon G11