Il gatto

Alle sei e un quarto suona la sveglia, inesorabile. La annichilisco, resto qualche minuto nel letto indeciso se alzarmi o fingere la paralisi, poi mi alzo. Vado in cucina, preparo la colazione con calma e mentre il tè fa il suo bagnetto giornaliero io vado in bagno a fare il mio. Albeggia. Mi lavo e mi vesto, poi torno in cucina dove verso la prima tazza di tè, rabbocco l’acqua nella teiera come facevano gli studenti squattrinati in Russia ai primi del ‘900 e affetto il dolce. Bevo. Mangio. Alterno le due cose mentre da solo, nel silenzio delle sei, rifletto su quel che capita. Poi mi verso la seconda tazza di tè e mentre la sorseggio e penso a chissà cosa, d’un tratto lo vedo. È lì, sotto al panchetto da violoncello, rintanato accanto al termosifone – dove presumibilmente si sta abbastanza bene – e mi fissa.

Un gatto.
Nero.

Io non ho un gatto.

Oddio, e questo? Che ci fa un gatto in casa? Perché mi fissa? Ma soprattutto da dove è entrato? La sera Elena fa il giro di porte e finestre, non può esserci nulla di aperto; mentalmente faccio di nuovo il giro di porte e finestre e sono tutte chiuse. Dev’essere entrato ieri sera; tutta la notte in casa e grazie al cielo non abbiamo più quei salami affumicati còrsi appesi in cucina, altrimenti addio. Lentamente mi alzo per vedere se lo prendo ma lui mi fissa e non batte ciglio. Me lo immagino quasi che pensa “ma questo cosa vuole da me? Perché non torna a letto e dorme?”. In pochi passi sono lì, mi abbasso e all’improvviso, mentre mi sembra che stia per scappare, sono sopraffatto da un pensiero che in un istante diventa limpido e inespugnabile:

primo, se qualcosa è impossibile allora non può accadere.

secondo, la mattina faccio bene a berne due, di tazze di tè perché è evidente che una sola non basta a svegliarmi tanto da farmi distinguere un enigmatico e inquietante gatto nero da uno degli stivaletti di Olivia con bottoni a clip in acciaio che – bontà sua – mai una volta rimette al proprio posto.

E ora è tardi, devo correre al lavoro dove probabilmente mi servirà una qualche scusa.
Darò la colpa al gatto.