Creta. Un diario di viaggio

Era doveroso. Due settimane a Creta passate nel migliore dei modi con tempo splendido e tanti bei posti li dovevamo un po’ anche agli autori dei tanti diari di viaggio postati in rete, ai loro consigli e alle loro avvertenze. Sono serviti a pianificare il viaggio, a capire prima di partire per rendersi conto di quanto tempo passare in un luogo, come organizzare il giro, cosa evitare e cosa non perdersi assolutamente. Milleduecentocinquanta chilometri in due settimane per noi che, fermi sotto a un ombrellone con mojito e lettino proprio non ci sappiamo stare. Non è per cattiveria o per essere snob: proprio non ci riesce.
Ecco perché bisogna che scriva anche io: come forma di ringraziamento e come ulteriore aiuto a tutti quelli che dopo di noi vorranno andare a Creta. Magari in settembre, come abbiamo fatto noi, che è un mese fantastico e perfetto per esplorare una meta che in pieno agosto è letteralmente invasa dal turismo di massa, specialmente ora che RyanAir la raggiunge con due lire.
Il diario lo pubblicherò a puntate, per aver modo di intercalare il racconto con le foto.
Si parte.

00 – Arrivo
Il primo impatto è con Chania. L’arrivo all’aeroporto è dopo cena, la stanza prenotata – l’unica della vacanza – è un po’ fuori, verso Mournies. Quelli di Europeo Cars parlano a malapena l’inglese anche se mi par di capire che in testa loro pensino di parlarlo con chiarezza, e questa sarà più o meno una caratteristica costante di tutti i cretesi incontrati durante il viaggio ad eccezione forse di un ragazzino di dieci anni al banco di un distributore di benzina a Plakias. Comunque ritiriamo la Kia Picanto in condizioni estetiche pessime ma in buono stato per quel che riguarda il motore e ci avviamo, ormai a buio completo, verso l’Oasis. Dopo un po’ che vaghiamo fuori Chania, giunti in zona ospedale ci rendiamo conto che cercare di seguire le indicazioni stradali a Creta è impossibile, sia perché sono posizionate in punti assurdi (come ad esempio un metro dopo la svolta) sia perché la maggior parte dei cartelli è completamente ricoperta da scritte a vernice spray, adesivi e in molti casi dilaniata da fori di proiettile e ammaccature varie. Ci vorrà una telefonata in un delirante inglese al gestore dell’Oasis per farci trovare la via giusta e permetterci di dormire in pace. Sistemati i bagagli ormai è quasi mezzanotte e ci infiliamo nel primo posto aperto per mangiare qualcosa, temendo di trovare tutto chiuso. Scopriremo poi durante il viaggio che la maggior parte degli esercizi commerciali è aperta fino a tardi e che mangiare a mezzanotte non costituisce un problema. Il primo impatto con l’economia cretese è quindi dato da due gyros pita, enormi, una birra e una bottiglia d’acqua per cinque euro e trenta, perfino scontati dal gestore a cinque euro. Con scontrino, eh. Incredibile.

TIP – La traslitterazione dei nomi dal greco al nostro alfabeto è spesso piuttosto aleatoria perché la pronuncia dei nomi greci risulta in sé difficile da rendere con le nostre lettere; quindi sappiate che lo stesso luogo potrete trovarlo scritto anche in tre o quattro modi differenti. Per esempio, Kolymvari può essere anche Kolybari o Kolymbari perché la beta  si legge v ma il gruppo mi-beta si legge mb o mv o b. Tranquilli: sbaglierete continuamente pronuncia. Io stesso la spiaggia di Preveli l’ho sentita chiamare (da cretesi) sia Prèveli che Prevèli. Gli accenti tonici pare che a Creta siano un vezzo e ognuno li mette un po’ dove gli pare. Siate creativi. Improvvisate. L’orecchio musicale aiuta.


01 – Falassarna

Ci svegliamo. Il tempo è bello, la colazione buona, servita in un ex frantoio.
Abbiamo deciso, per giusto mezzo tra economia di tempo e possibilità di godersi il viaggio, di girare l’ovest e il sud dell’isola in senso antiorario. Carichiamo i bagagli e partiamo: direzione Falassarna. L’idea è quella di starcene al mare per la giornata ma prima facciamo un giro per Chania per vedere il centro e il mercato, consapevoli del fatto che ci torneremo l’ultimo giorno e poi passare da Kissamos (chiamata anche Kastelli) per trovarci un posto per dormire e lasciare i bagagli. Consultiamo gli appunti presi prima di partire e decidiamo per l’Anavaloussa Apartments che si trova a Trachilos, poco fuori Kissamos, vicino a dove partono i battelli di disperati per Balos. Il posto è carino, con piscina e pergola, lasciamo i bagagli e ci dirigiamo a Falassarna. La spiaggia sarebbe vicina ma le strade cretesi, quelle interne dico, sono strette, piene di buche inaspettate e tortuose. Nulla che spaventi due come noi che si sono girati la Sardegna e la Corsica in Vespa anche su sterrati allucinanti ma il tempo che ci vuole per sopstarsi è dilatato nonostante le distanze brevi. Comunque arriviamo a Falassarna in tarda mattinata.
La vista dall’alto è piuttosto piacevole, sebbene mitigata da quella che scopriremo essere una costante del paesaggio cretese: le serre. Centinaia di serre bianche occupano in pratica quasi tutto il terreno pianeggiante disponibile, fino sul mare. Ora che è settembre sono in riallestimento, finita la stagione dei pomodori, e passandoci accanto si attraversano strade strette e costeggiate da cataste di listelli di legno, di teli di plastica e tubi. Inoltre tra i cespugli sono spesso ammassati dei mucchi di piante ormai secche mescolate ai fili di plastica celeste utilizzati per farci arrampicare i pomodori che si sbriciolano e si spargono ovunque. Non c’è che dire, l’occhio per l’ecologia qui a Creta non ce l’hanno per niente e questo ci spiazza. Falassarna è un’enorme spiaggia di sabbia fine, con gli ombrelloni a prezzi popolari e un paio di chioschi in legno (a Creta il chioschetto si chiama kantina) dove ci fermiamo a mangiare la nostra prima e consistente insalata greca. Poi, lasciata la spiaggia principale, ci spostiamo verso nord in un luogo più defilato e ci mettiamo all’ombra di una grande tamerice. Un po’ di relax, un bagno in un’acqua calda e pulita e finalmente possiamo dire di essere in vacanza.
Verso sera rientriamo a Kissamos e ceniamo in centro. Kissamos in realtà quasi non esiste; è un piccolo agglomerato di case e qualche ristorante ma poi non ha neanche una vera e propria identità urbana. Alla taverna Petri mangiamo i souvlaki, ovvero spiedini di carne, e assistiamo a una scenetta esilarante. Al tavolo accanto al nostro una coppia di polacchi ha finito di mangiare e come sempre portano loro il raki, ovvero della grappa. Lui, che ha timore di essere fermato alla guida, chiede al camerire se ha una bottiglietta per poterne portare un po’ in albergo e assaggiarla dopo ma quando il cameriere, visibilmente stupito, gli dice di non avere nulla lui prende la bottiglietta, la svuota completamente nella lattina di Coca Cola che aveva appena finito e salutando come se niente fosse se ne va. Bah. Nuove frontiere dell’etilismo? Comunque spendiamo quindici euro in due e anche questa si rivelerà essere una costante del viaggio.

TIP – a Creta in moto vanno tutti senza casco. Anche in due, anche in superstrada. Ho visto uno con una granturismo che guidava, baffi al vento, sulla New Road, con un cane di media taglia seduto sul serbatoio. Tutti aspettano a entrare in strada finché non siete a due metri, poi si infilano all’improvviso. Le auto viaggiano in corsia d’emergenza perché bisogna dare modo agli altri di sorpassare. Adeguatevi.

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