La pasta del fisico

Si fa un gran parlare della pasta cotta a fornello spento. Non che sia una novità; il cosiddetto metodo Agnesi risale agli anni ’30. Se uno avesse un minimo di passione per la cucina non avrebbe bisogno dell’eco dei social sulle affermazioni di un eminente fisico (che peraltro stimo non come gastronomo ma come difensore dei valori laici della scienza) perché conoscerebbe una dozzina di metodi diversi per cucinare un piatto di pasta e saprebbe peraltro che i diversi formati di pasta richiedono cotture differenti.
Quello su cui invece meriterebbe soffermarsi è il fatto che come al solito, al pari delle giornate in cui ci illuminiamo di meno per sbattercene allegramente i rimanenti 364 giorni dell’anno, ci piace, anzi, ci crogioliamo nel piacere di aver apparentemente escogitato un metodo per salvare il pianeta; un metodo così innovativo, sensazionale e tanto incredibilmente semplice da lasciarci immaginare che il nobel, tutto sommato, l’avrebbero benissimo potuto conferire a noi.
Dunque, facciamo un calcolo: cucinare un piatto di pasta nella maniera tradizionale fa consumare circa 0,2 m³ di gas, tra pasta e condimento. Sì, lo so, ci sono i condimenti a crudo ma oggi mi sento spendaccione. Il consumo annuo pro-capite di pasta in Italia è di 23 kg ovvero 1,4 milioni di tonnellate in totale. Significa che, anche facendo porzioni ridicole da 50 grammi, consumiamo 0,2 x 460 x 60.000.000 m³ di gas, ovvero circa 5,6 miliardi di metri cubi di gas. Questo se ognuno di noi cuocesse pasta e sugo solo per sé, solo soletto con la sua fedele pentola. Possiamo quindi tranquillamente dimezzare la cifra e saremo comunque abbondanti nella stima: 2,8 miliardi di metri cubi di gas. Uno studio dell’Unione Italiana Food ha rilevato che col metodo Agnesi il consumo per la sola cottura della pasta si riduce del 47%. In termini pratici significa che sul totale la riduzione è di circa il 23%, ovvero un risparmio di circa 0,7 miliardi di metri cubi di gas.
Corrisponde a un centesimo dei nostri consumi. Ottimisticamente parlando, dico.
Per una famiglia che consuma molto sono circa quindici euro l’anno.
Quindici euro dunque è la nuova tariffa familiare per lavarsi la coscienza.

Ma allora, ce lo spieghi perché nella foto si vedono fagiolini e due uova? Direte voi.
Quella nella foto è una pentola a pressione. La foto esemplifica quel che succede quando davvero si usa la fisica per cucinare. Cottura dei fagiolini: sei minuti. Cottura delle uova: sei minuti. Oltre al risparmio intrinseco della pentola a pressione – che riduce i tempi di cottura e all’incirca dimezza i consumi – c’è il vantaggio di poter combinare le cotture e portare il risparmio a un quarto. E non solo sulla pasta. In pentola a pressione io faccio il risotto (sempre sei minuti), la polenta (un quarto d’ora invece di quaranta minuti e neanche c’è da mescolarla), l’arrosto, le verdure, lo spezzatino, i legumi, le patate, i brasati, gli stufati, devo continuare? Lo so che ci siete arrivati da soli. Del resto siete premi Nobel, perdìo.

Ecco dove voglio andare a parare: la gente non usa la pentola a pressione. Esiste da oltre trecento anni, ha permesso la messa a punto della macchina a vapore e l’invenzione del motore a scoppio, è un gioiello d’ingegno ma la gente non la usa. Perlopiù perché (scusate, rido forte e poi torno) ha paura che esploda. Viaggia su dei 2000 cc a gasolio con serbatoi da sessanta litri ma teme la pentola a pressione.
Allora sentite me: smettetela di fare i pecoroni, di giocare al piccolo fisico ripetendo a pappagallo qualche articolo sulla pasta, con tutta la boria di quello che cucinando un piatto di terribili rigatoni pensa d’aver salvato il pianeta e combattuto l’infame minaccia sovietica.
Compratevi una maledetta pentola a pressione.
E sapete perché? Ci si può cucinare anche la pasta, sugo e tutto quanto, a partire dagli ingredienti crudi, con la metà dei grassi, un terzo del sale, senza soffritti, risparmiando tempo, denaro, sbattimento e gas. Ma che ve lo spiego a fare? Tanto non ce l’avete.
Non oso pensare a cosa potrebbe succedere se installaste delle valvole termostatiche, metteste il coperchio alle pentole, smetteste di stirare (io non l’ho mai fatto e sono sopravvissuto), vi vestiste d’inverno e vi spogliaste d’estate, unitamente a tutta un’altra nutrita serie di buone pratiche che, tutte insieme, renderebbero le minacce russe una ridicola barzelletta a cui rispondere a sonore pernacchie.

Oppure fate la pasta a fornello spento e sentitevi ganzi. Contenti voi…

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