Le donne nelle stazioni

A marzo pioveva, io continuavo a viaggiare sui treni e girare per le stazioni; le ragazze sui treni chissà com’è sorridono spesso, e di quei sorrisi che ti fanno dimenticare che sta piovendo.
A gennaio, la stessa ragazza filippina che avevo fotografato allora la trovo nuovamente sul treno. E sorride ancora. Ma sono sempre felici, le ragazze sui treni? Mi giro dalla parte opposta e metto a fuoco il riflesso sdoppiato e traslucido sul finestrino, contro il cielo buio e le luci che sfrecciano a lato dei binari; poi, come se stessi fotografando un fantasma, faccio scattare l’otturatore nel tentativo di catturare sulla pellicola quel sorriso piacevolmente irreale.
Mi viene in mente l’ultima volta che ho visto una certa ragazza, Silvia, poco più grande di me, che conoscevo appena. Erano i primi anni di università; lei aveva una gran voglia di parlare, con una lunga gonna leggera e i piedi nudi tirati su, sul sedile, come in un disegno di Arthur Rackam. Sorrideva, anche lei, da farti perdere la testa. E le parole correvano nel frastuono del treno, dell’aria che entrava per dare sollievo a una giornata afosa di luglio, mentre la stavo ad ascoltare rapito dai riccioli appena accennati e dalle caviglie chiare.
E quanto la dice lunga quella canzone di Gianmaria Testa… “le donne nelle stazioni e certe gonne come aquiloni nella tempesta”
Sul treno, chissà com’è, sono sempre felici.

Pentax MX, Fujifilm Neopan 400@1600

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