Creta. Un diario di viaggio. Terza parte

03 – Paleochora
La mattina a colazione la radio passa “Felicità”, di Al Bano e Romina. Sempre meglio di quel che sentimmo in Croazia al ristorante (era “La  famiglia dei Gobbon”, per la cronaca) ma vabbè. Partiamo con destinazione Paleochora. La strada passa tra le montagne ed è la stessa che si percorrere per raggiungere Elafonissi; tuttavia noi vogliamo lasciarci questo boccone per gli ultimi giorni sull’isola e quindi ci ritroviamo a percorrerla insieme a qualche auto diretta proprio lì. Giunti poco prima di Topolia abbiamo la sorpresa: la strada è interrotta. Scopriremo solo più tardi che il tunnel di Topolia è crollato e quindi anche l’omonima gola, nota meta turistica, è tagliata fuori.

Poco male; il bivio ci fa passare dalla strada per Milia attraverso un paesaggio bellissimo e montuoso cosparso di timo, cardi spinosi e una gariga simile a quella del mio promontorio (quello di Piombino) nella morfologia anche se non non nella consistenza botanica.

La strada è davvero poco frequentata tanto che incontriamo dei polli che la attraversano e purtroppo anche un tasso, morto da tempo, che la dice lunga anche sulla qualità della guida cretese; comunque raggiungiamo Paleochora con facilità e ci sistemiamo nel peggior affittacamere di tutto il viaggio, con un bagno delle dimensioni di una lavastoviglie occupato centralmente da una colonna; comunque la stanza ha una bella vista sul mare e il golfo.

Lasciati i bagagli ce ne andiamo a pranzare verso Koundoura e dopo pranzo tentiamo un esperimento topografico: pare che ci sia una strada che da Paleochora raggiunge Elafonissi ma il problema consiste nel fatto che sulle carte stradali di Creta certe strade, in genere segnate in giallo, possono essere sia asfaltate che sterrate e l’unico modo per saperlo è percorrerle. Visto che abbiamo voglia di fare un giro affrontiamo quindi la strada fino a Sklavopoula, venti chilometri di curve, per scoprire nell’ordine che: a) Sklavopoula è in pratica un posto dimenticato dagli dei e costituito da circa tre case di cui una è il kafenion, uscito pari pari da un film di sessant’anni fa; b) L’unico essere vivente pare essere una capra; c) la strada che da Sklavopoula raggiunge Elafonissi è una mulattiera troppo stretta per essere percorsa da due veicoli affiancati che si snoda tra colline brulle per circa quindici chilometri e quindi costituisce una sfida fin troppo ardita anche per due come noi. La cosa sarà puntualmente smentita l’ultimo giorno quando invece ci spingeremo in un’impresa che vi lascio pregustare.

Torniamo quindi a Paleochora e ci godiamo un giro in paese. E’ un posto carino, di villeggiatura, punteggiato di negozi e locali che però non danno l’impressione di macchina del turismo. Non è affatto difficile trovare un posto per mangiare ma abbiamo letto che seguendo il lungomare e allontanandosi dal centro si arriva da Methexis, ritenuto da molti il miglior ristorante del paese e in effetti qui mangeremo un ottimo kleftiko di coniglio e un buon agnello arrosto con patate; ci incamminiamo costeggiando i ristoranti quando lo sguardo di Elena incontra una faccia conosciuta; incredibile! E’ Giulia, una ragazza toscana con cui Elena aveva chiacchierato a lungo all’aeroporto in attesa dell’imbarco e che gira Creta coi mezzi pubblici. Ci salutiamo e ci aggiorniamo sulla strada percorsa e i posti già visitati, poi è l’ora di cenare. La cena, come dicevo, non delude anche se dobbiamo prendere posto su una terrazza secondaria perché nel locale c’è una grande cena di matrimonio; tuttavia siamo sempre di fronte al mare e una spesa di diciotto euro in due non può che lasciare soddisfatti. E’ ora di dormire, domani ci spostiamo verso est.
TIP: a Creta non gettate mai la carta igienica nel WC. In moltissimi bagni troverete un adesivo e una scritta a ricordarvelo ma anche dove non ci fosse noterete sempre una minuscola pattumiera accanto alla tazza. Non chiedetemi perché, non voglio immaginare quanto strette siano le tubazioni di scarico né dove e come scarichino, fatto sta che la carta sporca va nel cestino e se non vi piace l’idea (igienicissima eh?) di tenerla in bagno a profumare l’ambiente purtroppo questa è la triste realtà.
04 – Sougia
La colazione a Paleochora si fa al bar, visto che non c’è quasi nessuno e che ci sono dei fantastici tavoli in strada lungo il corso pedonale, neanche fossimo a Parigi. Tutto sommato Paleochora non è male se si ha in mente una vacanza di relax ma si sa, noi non ci riusciamo, quindi si parte per Sougia. Il vento soffia deciso e solleva la polvere; per strada, neanche a farlo apposta, si sentono i Kansas che suonano “Dust in the wind”. La strada si inerpica per costoni boscosi, con scorci improvvisi e altrettanto improvvise brusche svolte; lungo il tragitto ci imbattiamo in un cartello che indica le rovine di Hyrtakina. Al nome non sembrerebbe una cosa troppo riposante ma sulla carta sembra brevissimo e le deviazioni ci sono sempre piaciute quindi, imboccata una stradina secondaria, arriviamo a una minuscola chiesetta ortodossa, Ieros Naos Christou Sotiros, dove ci fermiamo qualche minuto prima di affrontare una pessima strada sterrata e profondamente solcata che condurrebbe alle rovine.

Dico condurrebbe perché in meno di un chilometro ci ritroviamo la strada sbarrata di netto da una rete metallica per edilizia messa lì da un pastore che ha deciso di adibire la strada a recinto e magazzino. Ok, non è che abbia bloccato l’autostrada ma comunque si tratta di una strada pubblica! Fatto sta che le rovine di Hyrtakina non le vedremo mai.

Proseguiamo per Sougia dove arriviamo in breve tempo alloggiando di fronte alla passeggiata lungo il mare da un’affittacamere consigliata in diversi racconti di viaggio e con la quale occorre questionare un po’ per il prezzo che, sì, è un po’ fuori standard ma pur sempre molto basso. Ora non abbiamo che da comprare qualcosa da mangiare (qualche spanopita) al piccolo ma fornito negozio di alimentari e poi dirigerci lungo la spiaggia, ampia e lunga, per raggiungerne l’estremità orientale.

Da lì un brevissimo tratto tra gli scogli con l’acqua alla vita porta in una seconda cala assolutamente fantastica. Come in ogni parte dell’isola, i posti migliori sono i meno accessibili, i più frequentati da naturisti e anche i più tranquilli, ragion per cui se non avete problema a togliervi il costume (o anche no, visto che nessuno se ne farà un problema se voi preferite tenerlo) e condividere piccoli meravigliosi angoli con persone nude, è senz’altro e inequivocabilmente la scelta da fare. In questa seconda cala, sormontata da un’enorme roccia a pinna di squalo, l’acqua è cristallina, c’è un grande e alto scoglio dal quale tuffarsi e sotto al quale i pesci nuotano in abbondanza in un fondale di circa sei metri; è qui che mi accorgo per la prima volta di un fenomeno curioso. Per un attimo, appena immerso, credevo di avere gli occhialini appannati; per quanto li pulissi, però, la vista era sempre annebbiata e l’acqua piuttosto fresca. Come per magia però, scendendo appena di un metro sott’acqua, la visibilità tornava perfetta e la temperatura dell’acqua era più gradevole. Il fenomeno, l’avrei scoperto poi informandomi su Glyka Nera (di cui parlerò più avanti) è dovuto al fatto che la falda di acqua dolce e fredda sgorga direttamente al livello del mare. Quest’acqua, che dovrebbe scendere sul fondo per la temperatura, stenta a farlo per via della differente densità e si mescola a stento con l’acqua di mare generando, in superficie, un effetto simile a quello di quando sciogliamo dello zucchero in un bicchiere d’acqua. Per questo credevo di avere le traveggole immergendomi e per questo nuotare in superficie e vicino a riva è meno piacevole (per il freddo) che nuotare più al largo e immergendosi, proprio al contrario di quello che succede normalmente! Comunque il mare è splendido e dopo un pomeriggio in spiaggia torniamo in camera a cambiarci; poi, prima di cena, ce ne andiamo a goderci l’ultima luce alla chiesetta di Agia Irini, proprio sopra Sougia, all’esterno della quale c’è una piccola terrazza panoramica sulla costa.

Per cena, nonostante i suggerimenti di guide e diari, scegliamo una taverna un po’ defilata, Polyfimos, che ha un grande spazio esterno coperto a pergola, e la scelta non avrebbe potuto essere più azzeccata; sulla voce di Eleni Tsaligopoulou mangiamo saganaki (formaggio fritto in pastella), koutsouvlatiko (maiale marinato arrostito) e costolette di agnello grigliate, prima di tornare a goderci il nostro letto.

TIP:  Facendo colazione al bar potreste scoprire che se una cena per due costa diciotto euro, una banale colazione (toast + caffè) ne costa quasi dieci. E’ così ovunque. Quindi quando cercate un alloggio è meglio se ha la colazione inclusa, altrimenti le spese lievitano non poco. L’alternativa è evitare la colazione al bar e prendere qualcosa in un forno.

Creta. Un diario di viaggio. Seconda parte

02 – Balos
Oggi andiamo a Balos, sulla penisola di Gramvousa.

Balos, le piscine e sulla destra l’isola di Gramvousa. Clicca per ingrandire

Tutti vanno a Balos e si sa che per andarci ci sono due modi: in auto o in barca. La seconda opzione è senz’altro più comoda ma presenta degli svantaggi non da poco per noi, che amiamo la tranquillità e vogliamo goderci la natura in santa pace, quindi dopo aver fatto colazione usciamo e saliamo in macchina. Dal nostro affittacamere si vede la strada che va a Balos.

Sono sette chilometri di sterrato in pessime condizioni, col ciglio senza alcuna protezione e delle buche preoccupanti ma evitabili se ci si trova a percorrerla da soli come capita a noi. All’inizio dello sterrato si paga una cifra simbolica che ci piacerebbe poi venisse utilizzata non tanto per asfaltare la strada quanto per spianarla e metterla in sicurezza. La strada si percorre lentamente e ci vogliono all’incirca quaranta minuti per arrivare al parcheggio che sovrasta Balos, da cui poi un sentiero in discesa e parzialmente a gradoni conduce alla spiaggia in un quarto d’ora. Il colpo d’occhio dall’alto è mozzafiato – e questo non l’avrete mai se arrivate in barca – perché si coglie tutto l’insieme della bassa laguna bianca e turchese, la scogliera scura che separa la spiaggia sabbiosa da un mare blu profondo, l’isola rocciosa, le lingue di sabbia bianca e l’isola di Gramvousa sullo sfondo. Scesi sulla spiaggia troviamo i soliti ombrelloni e lettini a prezzo modico ma per godersi il posto la cosa migliore è guadare i pochi metri d’acqua per andare oltre la costa e procedere avanti sulla sabbia, trovarsi un posto e godersi il bagno. Il sole picchia forte, la gente è ancora poca. Sulla spiaggia lato costa ci sono due punti di ristoro, uno alla fine del sentiero e uno più defilato verso la scogliera che però è contornato da vegetazione e alberi di lentisco, motivo per cui lo sceglieremo per pranzare. Se non avete un ombrellone con voi, a Balos trovare riparo dal sole è un’impresa non da poco quindi organizzatevi di conseguenza. Due dakos – una versione cretese della nostra frisella con aggiunta di formaggio mizithra e olive oltre al pomodoro – birra e acqua costano dieci euro.

Da noi li avremmo spesi a testa; in un posto del genere forse anche di più. Su questo c’è da dire che i cretesi non se ne approfittano. Dopo pranzo scegliamo di spostarci sul lato nord, dove l’acqua è più profonda e si trovano delle microcalette di pochi metri del tutto deserte.

Infatti in tarda mattinata ben tre traghetti, uno dei quali attracca direttamente alla scogliera, riversano a terra orde di disperati che scendono con l’ombrellone già aperto in mano per godersi due ore, al massimo tre sulla spiaggia trasformando quello che al mattino era un paradiso in una bolgia di gente schiamazzante.

Piccola parentesi: non ve lo dice nessuno ma Balos ha un piccolo problema che per me è stato un bel colpo. La sabbia è cosparsa, costellata, punteggiata da catrame. Da me, a Piombino, lo chiamiamo “il black” e vent’anni fa anche sulle nostre spiagge era facilissimo imbattercisi e trovarselo appiccicato sotto a un piede o sotto all’asciugamano. Oggi può capitare ma si tratta di una rarissima eccezione, una di quelle cose a cui non pensa neanche più nessuno.

A Balos ci sono tratti di spiaggia in cui evitare il catrame è del tutto impossibile; va in pezzature da pochi millimetri a più di dieci centimetri senza contare quei punti in cui ha ricoperto le rocce e inglobato plastica e lattine. E’ una cosa letteralmente angosciante e mi sono stupito di non averne letto da nessuna parte.

Questo lascia di stucco. Un posto del tutto paradisiaco come Balos meriterebbe una ripulita e non mi spiego perché lo stato non se ne sia mai occupato. E’ solo verso le cinque comunque, quando ormai i barconi se ne sono andati, che possiamo tornare a goderci la spiaggia – in un tratto abbastanza pulito – fare un ultimo tuffo e risalire verso il parcheggio per riaffrontare, stanchi ma soddisfatti, la strada di ritorno verso Kissamos.
Ormai consci del fatto che il centro in pratica non esiste ci fermiamo un po’ prima del paese a goderci un po’ di pesce fritto e di polpo grigliato, insalata, caffè, dolce e raki per appena una trentina di euro.

TIP: il pesce non è l’alimento da scegliere a Creta. Nonostante siamo su un’isola la pesca è poco praticata e il pesce al ristorante è quasi tutto congelato quindi o si vuol mangiare pesce e lo si cerca fresco ma si spende un po’ di più oppure si opta per la carne. Mangeremo pesce ottimo a Kolimvari verso la fine del viaggio.

Creta. Un diario di viaggio

Era doveroso. Due settimane a Creta passate nel migliore dei modi con tempo splendido e tanti bei posti li dovevamo un po’ anche agli autori dei tanti diari di viaggio postati in rete, ai loro consigli e alle loro avvertenze. Sono serviti a pianificare il viaggio, a capire prima di partire per rendersi conto di quanto tempo passare in un luogo, come organizzare il giro, cosa evitare e cosa non perdersi assolutamente. Milleduecentocinquanta chilometri in due settimane per noi che, fermi sotto a un ombrellone con mojito e lettino proprio non ci sappiamo stare. Non è per cattiveria o per essere snob: proprio non ci riesce.
Ecco perché bisogna che scriva anche io: come forma di ringraziamento e come ulteriore aiuto a tutti quelli che dopo di noi vorranno andare a Creta. Magari in settembre, come abbiamo fatto noi, che è un mese fantastico e perfetto per esplorare una meta che in pieno agosto è letteralmente invasa dal turismo di massa, specialmente ora che RyanAir la raggiunge con due lire.
Il diario lo pubblicherò a puntate, per aver modo di intercalare il racconto con le foto.
Si parte.

00 – Arrivo
Il primo impatto è con Chania. L’arrivo all’aeroporto è dopo cena, la stanza prenotata – l’unica della vacanza – è un po’ fuori, verso Mournies. Quelli di Europeo Cars parlano a malapena l’inglese anche se mi par di capire che in testa loro pensino di parlarlo con chiarezza, e questa sarà più o meno una caratteristica costante di tutti i cretesi incontrati durante il viaggio ad eccezione forse di un ragazzino di dieci anni al banco di un distributore di benzina a Plakias. Comunque ritiriamo la Kia Picanto in condizioni estetiche pessime ma in buono stato per quel che riguarda il motore e ci avviamo, ormai a buio completo, verso l’Oasis. Dopo un po’ che vaghiamo fuori Chania, giunti in zona ospedale ci rendiamo conto che cercare di seguire le indicazioni stradali a Creta è impossibile, sia perché sono posizionate in punti assurdi (come ad esempio un metro dopo la svolta) sia perché la maggior parte dei cartelli è completamente ricoperta da scritte a vernice spray, adesivi e in molti casi dilaniata da fori di proiettile e ammaccature varie. Ci vorrà una telefonata in un delirante inglese al gestore dell’Oasis per farci trovare la via giusta e permetterci di dormire in pace. Sistemati i bagagli ormai è quasi mezzanotte e ci infiliamo nel primo posto aperto per mangiare qualcosa, temendo di trovare tutto chiuso. Scopriremo poi durante il viaggio che la maggior parte degli esercizi commerciali è aperta fino a tardi e che mangiare a mezzanotte non costituisce un problema. Il primo impatto con l’economia cretese è quindi dato da due gyros pita, enormi, una birra e una bottiglia d’acqua per cinque euro e trenta, perfino scontati dal gestore a cinque euro. Con scontrino, eh. Incredibile.

TIP – La traslitterazione dei nomi dal greco al nostro alfabeto è spesso piuttosto aleatoria perché la pronuncia dei nomi greci risulta in sé difficile da rendere con le nostre lettere; quindi sappiate che lo stesso luogo potrete trovarlo scritto anche in tre o quattro modi differenti. Per esempio, Kolymvari può essere anche Kolybari o Kolymbari perché la beta  si legge v ma il gruppo mi-beta si legge mb o mv o b. Tranquilli: sbaglierete continuamente pronuncia. Io stesso la spiaggia di Preveli l’ho sentita chiamare (da cretesi) sia Prèveli che Prevèli. Gli accenti tonici pare che a Creta siano un vezzo e ognuno li mette un po’ dove gli pare. Siate creativi. Improvvisate. L’orecchio musicale aiuta.


01 – Falassarna

Ci svegliamo. Il tempo è bello, la colazione buona, servita in un ex frantoio.
Abbiamo deciso, per giusto mezzo tra economia di tempo e possibilità di godersi il viaggio, di girare l’ovest e il sud dell’isola in senso antiorario. Carichiamo i bagagli e partiamo: direzione Falassarna. L’idea è quella di starcene al mare per la giornata ma prima facciamo un giro per Chania per vedere il centro e il mercato, consapevoli del fatto che ci torneremo l’ultimo giorno e poi passare da Kissamos (chiamata anche Kastelli) per trovarci un posto per dormire e lasciare i bagagli. Consultiamo gli appunti presi prima di partire e decidiamo per l’Anavaloussa Apartments che si trova a Trachilos, poco fuori Kissamos, vicino a dove partono i battelli di disperati per Balos. Il posto è carino, con piscina e pergola, lasciamo i bagagli e ci dirigiamo a Falassarna. La spiaggia sarebbe vicina ma le strade cretesi, quelle interne dico, sono strette, piene di buche inaspettate e tortuose. Nulla che spaventi due come noi che si sono girati la Sardegna e la Corsica in Vespa anche su sterrati allucinanti ma il tempo che ci vuole per sopstarsi è dilatato nonostante le distanze brevi. Comunque arriviamo a Falassarna in tarda mattinata.
La vista dall’alto è piuttosto piacevole, sebbene mitigata da quella che scopriremo essere una costante del paesaggio cretese: le serre. Centinaia di serre bianche occupano in pratica quasi tutto il terreno pianeggiante disponibile, fino sul mare. Ora che è settembre sono in riallestimento, finita la stagione dei pomodori, e passandoci accanto si attraversano strade strette e costeggiate da cataste di listelli di legno, di teli di plastica e tubi. Inoltre tra i cespugli sono spesso ammassati dei mucchi di piante ormai secche mescolate ai fili di plastica celeste utilizzati per farci arrampicare i pomodori che si sbriciolano e si spargono ovunque. Non c’è che dire, l’occhio per l’ecologia qui a Creta non ce l’hanno per niente e questo ci spiazza. Falassarna è un’enorme spiaggia di sabbia fine, con gli ombrelloni a prezzi popolari e un paio di chioschi in legno (a Creta il chioschetto si chiama kantina) dove ci fermiamo a mangiare la nostra prima e consistente insalata greca. Poi, lasciata la spiaggia principale, ci spostiamo verso nord in un luogo più defilato e ci mettiamo all’ombra di una grande tamerice. Un po’ di relax, un bagno in un’acqua calda e pulita e finalmente possiamo dire di essere in vacanza.
Verso sera rientriamo a Kissamos e ceniamo in centro. Kissamos in realtà quasi non esiste; è un piccolo agglomerato di case e qualche ristorante ma poi non ha neanche una vera e propria identità urbana. Alla taverna Petri mangiamo i souvlaki, ovvero spiedini di carne, e assistiamo a una scenetta esilarante. Al tavolo accanto al nostro una coppia di polacchi ha finito di mangiare e come sempre portano loro il raki, ovvero della grappa. Lui, che ha timore di essere fermato alla guida, chiede al camerire se ha una bottiglietta per poterne portare un po’ in albergo e assaggiarla dopo ma quando il cameriere, visibilmente stupito, gli dice di non avere nulla lui prende la bottiglietta, la svuota completamente nella lattina di Coca Cola che aveva appena finito e salutando come se niente fosse se ne va. Bah. Nuove frontiere dell’etilismo? Comunque spendiamo quindici euro in due e anche questa si rivelerà essere una costante del viaggio.

TIP – a Creta in moto vanno tutti senza casco. Anche in due, anche in superstrada. Ho visto uno con una granturismo che guidava, baffi al vento, sulla New Road, con un cane di media taglia seduto sul serbatoio. Tutti aspettano a entrare in strada finché non siete a due metri, poi si infilano all’improvviso. Le auto viaggiano in corsia d’emergenza perché bisogna dare modo agli altri di sorpassare. Adeguatevi.