Le donne nelle stazioni – parte seconda

Questo è uno scatto di repertorio, di quasi cinque anni fa.
Nonostante abbia già scritto abbastanza su questo argomento mi piaceva aggiungere che talvolta sono così assorte in chissà quali pensieri da non rendersi conto di nulla. Neanche del fatto che il ragazzo seduto due posti più in là ha intravisto in quella posa e quell’espressione un’inquadratura che a ricrearla in studio forse neanche riuscirebbe. E’ per questo che ti scatta una foto, sai? Perché sa benissimo che quella sarà l’unica occasione. Sa, quantomeno, che non sarà lui a cercare una seconda chance.
Chissà a cosa pensi, chissà cosa ti preoccupa. Ognuno ha delle preoccupazioni, anche una ragazza carina su un treno malmesso che sobbalzando rumorosamente trascina i passeggeri verso sud.
Poi arriva la mia fermata; mi alzo, mi infilo il giaccone, prendo la mia roba e scendo.
Lei è ancora lì, nervosamente assorta nelle sue nuvolose idee.
Buon viaggio.
E buona fortuna.

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Vorrei capire come mai nessuno ci vede quello che c’è rappresentato. La naturale voglia di una combinazione di tannini e alcaloidi tanto radicata in tutti noi sia culturalmente che biologicamente da lasciarmi di stucco quando sento gente che mi chiede se è un anello, la luna o addirittura una banana. Ma che caspita di banane mangiate? Va bene, è caffè turco, diavolo, ma non è che ne sentite il sapore. Una tazzina di caffè è una stramaledetta tazzina di caffè. Forse dovrei smettere di fare foto.
I’d like to know why none sees what’s in this photograph. The natural desire of a mix of tannins and alcaloids so biologically and culturally deep seated in us that I’m thunderstruck when I hear people asking me if it’s a ring, the moon or even a banana. What kinda bananas are you eating? Ok, it’s turkish coffee, hell, but you aren’t tasting it. A cup o’ coffee is a fuckin’ damn cup o’ coffee. I should maybe stop shooting photographs.
Shot with a Nikon 5700, coffee gently roasted and ground by Torrefazione Giuliani, the best coffee in Piombino.

Really.