Sunny 16 Revisited

Nell’applicazione della regola del 16 noto che spesso molti trovano difficoltà nel riferirsi alle coppie di valori EV in quanto, nonostante rappresentino dei valori ben definiti in termini di luce disponibile, sono difficilmente interpretabili in maniera istintiva, ovvero la loro asetticità numerica si pone cone ostacolo tra la comprensione e l’applicazione, costringendo a elaborazioni mentali troppo noiose. All’atto pratico, perché mai dovremmo associare alla luce piena un valore pari a 15? Risulta senza dubbio di difficile memorizzazione.
Allo stesso modo, molti si scoraggiano perché non capiscono che l’accoppiata 1/125 – f/16 per le pellicole 100 ASA non è il riferimento base assoluto, cosicché invece di esporre subito usando la coppia corretta elaborano prima la coppia giusta per i 100 ASA e poi, se usano una 400, traslano i valori di due stop. Tutto questo è di una complessità assurda e ben comprendo come molti si scoraggino facilmente trovando il metodo lungo e noioso.
Per spezzare una lancia in favore dell’esposizione stimata a vista, posso proporre di inquadrare la regola del 16 secondo un’ottica ben più comoda: gli stop di differenza.
Ovviamente il concetto alla base è il medesimo, ma al fine di esporre un fotogramma possiamo trascurarlo del tutto per abituarci ad utilizzare un sistema ben più semplice. Qual’è la massima luce disponibile? Semplice: il sole pieno. Nessuno ha difficoltà a individuare una condizione di luce piena in una giornata di sole. Questo sarà il nostro punto fisso, il massimo raggiungibile. Quello che dobbiamo chiederci, e abituarci a valutare ogni volta, è “quanta luce in meno ho, di fronte a me, rispetto alla luce piena?”
Dobbiamo sistematicamente abituarci a determinare gli stop di differenza tra la luce piena e l’inquadratura desiderata, ma non in termini di tempi e diaframmi bensì di luce disponibile. Questa è un’operazione concettualmente semplice che col tempo si radicherà nella nostra testa ben più facilmente e saldamente rispetto a quanto non possa fare la pedissequa memorizzazione di coppie tempo/diaframma.
Per esempio, con l’abitudine, ora so che un sottopassaggio ferroviario ben illuminato è un “-9” ovvero fornisce una luce di nove stop inferiore a quella di una giornata di pieno sole. Allo stesso modo, mentalmente, individuo ogni scena col suo valore; un valore per le giornate di pioggia, uno per gli interni in estate, uno per il cielo coperto, uno per le sale d’aspetto e così via.
In sostanza, inquadrando il concetto secondo quest’ottica ci si abitua a stimare non dei valori astratti ma proprio la quantità di luce disponibile. E’ a questo punto che, applicando la regola del 16, si potrà procedere a impostare la giusta coppia tempo/diaframma, senza associarla necessariamente a una specifica condizione di luce.
In sostanza non sarà necessario ricordarsi che in una giornata molto nuvolosa “potrei esporre una 100 ASA a 1/60 e f/4” quanto piuttosto ricordarsi che le giornate nuvolose “sono -5”.
Circa, è ovvio.
L’abitudine e la pratica, poi, saranno quelle che faranno operare sul momento quelle lievi correzioni dettate dalle condizioni al contorno e, via via, da molte altre inquadrature simili ma con un po’ di luce in più o in meno.
Dopo qualche rullo, credetemi, la necessità dell’esposimetro scomparirà.
Meglio ancora, un gioco divertente e decisamente educativo consiste nel provare a indovinare gli stop di differenza quando siamo in giro senza necessariamente dover scattare una foto, verificandoli poi con l’esposimetro per vedere di quanto si è sbagliato e in quale direzione.
Non vorreste anche voi poter rivaleggiare con gli esposimetri?
Beh, potete 🙂

Confidence

What does it stand for? Well, for instance it deals with sudden situations you have to front knowing that you *can* successfully front them.
The first roll of film I shot with my father’s Yashica FX-3 was a two-years-expired roll of Ilford FP4+ film, and it was easy because the FX-3 has a light meter. A light meter doesn’t necessarily tell the truth, but it can safely approximate it and the vast latitude of the FP4+ film does the rest; you shoot and you get photographs. But starting from the second roll, I began shooting with the Zorki 4 rangefinder, and I hadn’t a meter; I simply learnt the Sunny16 rule and started extimating how many stops the light was below than optimal. It’s not, as some would think, a matter of memorizing a complex array of times and exposures, you just have to be able to tell how lower the light is than full. Esay enough. You know the starting point, all you need is a sense for dim: one stop below, two, three, oh, it’s a heavy overcast, we might reach five-six stops below. Then you need practice for night shots, but it’s a matter of a couple of rolls. To be honest, the first photograph I ever shot using this method (on Ilford film and my Zorki) was perfectly exposed; I had an instant confirmation by my Nikon 5700 just a minute after, but it’s the neg which said it all, when I processed it and saw the result.
You develop a firm confidence in your sense for light, and a belief in the uselessness of a light meter; no, wait, “useless” is not the right term, I’d rather say “superfluous”, that means it’s a gadet you got but you can safely do without. Exactly. I don’t care if I have to think before framing, it’s ok to me, it’s part of the process. And believe me as I started shooting digital, so I’ not far from that vast group of photographers who rely on their huge digitally-automatized cameras and the neeed for an instant satisfaction: viewing the photograph ass soon as you shoot it.
I’m not saying it’s no good; the result is what matters, indeed, and the process to get it doesn’t add or subtract value to the photograph.
I just say it’s not fun, to me. What’s cool in pressing a button? Results can make you blind, man, if I liked to push buttons I could spend my afternoons turning on and off the lights…
And when you find yourself in front of a nice subject and you discover that the meter’s batteries have just run out because you accidentally left it on – as I happened to experience a couple of days ago – you grab the camera, smile, take a look around and think: “…mmmhhh… it must be four stops below…”, then quickly set the camera, frame and shoot.
It’s not a concern; you got confidence.